JACQUES E IL SUO PADRONE

di Milan Kundera

 

con Max Meraner, Alessio Dalla Costa, Giulio Federico Janni, Chiara Visca, Marta Marchi, Alessandra Frabetti

 

consulenza scientifica Massimo Rizzante

costumi Simona Randazzo

set and lighting design PLASMA

direzione tecnica Andrea Gagliotta

assistente alla regia Simone Panza

regia Silvia Marchetti

 

una produzione Emit Flesti

con il sostegno di Centro Servizi Culturali Santa Chiara, ITAS Assicurazioni, Università di Trento - Dipartimento di Lettere e Filosofia CeASUm

con il contributo di Fondazione Caritro, Provincia Autonoma di Trento

partner di progetto

Sagapò APS – Bolzano (BZ)
Associazione Culturale Teatro Out Off – Milano (MI)
Associazione Culturale Teatro Tabasco – Sassari (SS)
Compagnia Teatrale Le Ombre SRLS – Salerno (SA)
Associazione Culturale CRAB – Torino (TO)
Associazione Teatro Garage – Genova (GE)
No Dimension ASD – Città di Castello (PG)
Associazione Arditodesìo – Trento (TN)
Quinta Parete APS – Sassuolo (MO)
Teatro Kopò – Roma






LO SPETTACOLO

 

“Un giorno, scortato solo da un contadino analfabeta, Don Chisciotte uscì di casa per andare a combattere i suoi nemici.”

 

Jacques e il suo padrone, unico testo teatrale di Milan Kundera, è un viaggio senza un “da dove” e un “verso cosa”, che attraversa con sfrenata leggerezza amori, avventure, tradimenti, delusioni, scherzi, rivalse, rammarichi, in un divertissment che trascolora nostalgia per la spensieratezza costantemente rimpianta.

 

Sei attori danno vita ad un testo di diciotto personaggi, in una danza scenica a tratti dolente che inneggia alla gioia e alla struggente festosità e che attraversa le vicende amorose di ciascuno di noi permettendoci di non prenderci troppo sul serio.

 

Nato come omaggio di Kundera a Denis Diderot durante l’invasione russa della Cecoslovacchia, risponde ancora oggi a quell’urgenza profonda di levità e risate, di “divertimento in tempo di peste”, come se il buio da cui questa stessa urgenza nasce potesse rivelare ed esaltare, ancora di più, la preziosità̀ e l’imprescindibilità̀ di questa dolente e serena gaiezza.

 

Il buio che ha visto nascere Jacques e il suo padrone drammaticamente avvolge anche i nostri giorni, forse più sottile ma non per questo meno angosciante, perché non è il buio di un’aggressione armata ma quello del torpore, dello sbando, della deriva che stiamo vivendo.

 

“Il valletto e il suo padrone hanno attraversato tutta la storia dell’Occidente moderno. A Praga, città del grande addio, udivo allontanarsi le loro risate. A quelle risate io tenevo, con amore e con angoscia, come si tiene alle cose fragili e caduche – alle cose condannate a sparire.” [M. Kundera]



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